
Una delle problematiche che più sovente viene sollevata in materia di responsabilità penale derivante da sinistri sul lavoro, riguarda l’individuazione stessa del responsabile, ovvero del “datore di lavoro” quale titolare della posizione di garanzia rispetto al verificarsi del sinistro.
Se nelle piccole società cooperative, infatti, individuare il datore di lavoro è un’operazione immediata, il problema non è di così facile soluzione in nell’ambito delle responsabilità di capitali, dove i compiti, i poteri e le connesse responsabilità possono essere frammentati a causa della complessità dell’organizzazione societaria.
In un recentissimo caso affrontato dalla Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez. 4, 01 giugno 2021, Sent. n. 21522 – che si allega in calce all’articolo), la Cassazione ha avuto modo di chiarire i criteri per l’individuazione del “datore di lavoro”, responsabile penalmente per il verificarsi del sinistro in ambito lavorativo, all’interno di una società di capitali.
Nel caso concreto il sinistro si verificava in uno stabilimento siderurgico, durante un turno di notte, la tazza di caricamento che portava il metallo fuso dal forno alla conchigliatrice, anzichè arrestarsi a metà corsa, come avrebbe dovuto, colpiva alle spalle un operaio che stava caricando dei panetti di alluminio nel forno, schiacciandolo contro il forno stesso.
Del sinistro venivano imputati il Presidente della società ed i due membri del Consiglio di amministrazione, condannati per lesioni personali gravissime in primo e secondo grado.
Proponeva ricorso avverso la Sentenza, in particolare, uno dei membri del Consiglio di amministrazione, sostenendo che la sua responsabilità sarebbe stata riconosciuta solo sulla base della posizione di membro del Consiglio, benchè avesse sempre ricoperto solamente incarichi di natura amministrativa e contabile, non avendo mai esercitato, in concreto, poteri datoriali.
La difesa, quindi, sosteneva la falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. 81/2008, disposizione da cui deriverebbe il c.d. principio dell’effettività, in forza del quale può essere definito datore di lavoro solo colui che ha la responsabilità dell’organizzazione dell’impresa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il che implica, di per sé, che il componente del Consiglio di amministrazione non può essere titolare della posizione di garanzia del datore di lavoro unicamente in forza della carica che ricopre, laddove sia privo di attribuzioni organizzative ed anzi svolga, all’interno dell’azienda, un ruolo meramente amministrativo e contabile.
La Cassazione, pur confermando che “nelle realtà più articolate ed in aziende di rilevanti dimensioni, l’individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera assunzione formale della carica di consigliere, laddove all’interno dell’organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengono specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici“, rigetta il ricorso, tenuto conto che, nel caso in esame, ci si trovava in presenza di una società molto meno strutturata.
La Corte precisa che “Una simile segmentazione dell’esercizio del potere gestorio, al contrario, non appare compatibile con realtà di piccole e medie dimensioni, la cui scarsa complessità implica l’intrinseca connessione fra la conduzione societaria dell’impresa e la sua semplice organizzazione, che non giustifica un modello di governo che ne disarticoli i poteri ed i correlativi obblighi, in assenza di una funzionalità al raggiungimento dello scopo dell’attività economica. La frammentazione per ambiti dei poteri decisori e di spesa finirebbe, infatti, con il coincidere con l’esonero alcuni dei componenti del consiglio di amministrazione dagli obblighi prevenzionistici connessi con l’attività di impresa, senza che a ciò corrisponda alcuna effettiva esigenza organizzativa del potere decisionale“.
La Sentenza in esame, infatti, precisa che “ciò che identifica il datore di lavoro è la titolarità del potere decisionale sull’impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l’obbligo prevenzionistico derivante dallo stesso esercizio dell’impresa“, nel caso concreto, in assenza di una delega di poteri ad altri soggetti, non poteva che essere confermata la responsabilità di tutti i membri del Consiglio di Amministrazione.
In tema di sicurezza e di igiene del lavoro, nelle società di capitale il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni.
La Corte, dunque, nel confermare (nella parte in esame) la Sentenza di merito, precisava che le precedenti Sentenze non avevano affatto riconosciuto una sorta di responsabilità oggettiva dell’imputato, inerente alla ‘posizione’ ricoperta , ma ne avevano delineato la responsabilità in forza della sua partecipazione all’organo deliberativo, titolare del potere decisionale ed organizzativo dell’impresa e del potere di spesa, che identificano, nel loro riflesso sul rapporto di lavoro, la figura del datore di lavoro, come delineata dal d.lgs. 81/2008.